La gente perbene

Se non avessi mai preso un treno in vita e mi dicessero che Roma Termini è una stazione ferroviaria stenterei a crederlo.
Guardandola dall'esterno sembra quasi un centro commerciale piazzato proprio in mezzo alla Capitale, e il dubbio si esaurirebbe una volta varcato l'ingresso principale o imboccando la galleria ai lati: questo E' un centro commerciale. La quantità di negozi di marche prestigiose, bar, ristoranti e tavole calde rendono questo luogo un perfetta destinazione anche per chi non ha intenzione di viaggiare.

Daltronde, perchè mai un turista di passaggio dovrebbe fermarsi in un negozio di ottica? Per come la vedo io, dovrei essere un romano per decidere di farmi confezionare un paio di occhiali in quel negozio.

Ma comunque... a suo modo Roma Termini è una bella meta da visitare, nel suo essere caotica ma anche piena di vita e di facce sempre diverse.
Salendo nel piano superiore si possono visitare l'ennesimo negozio di telefonia, un bar... ed il ristorante che ti fa Ciao! con la manina appena lo vedi, un self service che mi ricorda la Festa de l'Unità. Fu proprio li che scoprii l'esistenza di posti in cui ti prendevi il tuo bel vassoietto e te lo riempivi di piatti sperando di calcolare bene gli spazi.

Nella cornice dell'avveniristica stazione, con “vista viaggiatori” proprio sotto di me in coda nelle biglietterie, durante questo pranzo che nella mia mente unisce passato e futuro, qualche schiamazzo attira la mia attenzione.
All'inizio pensavo qualcosa di normale. Voglio dire, in un luogo tanto affollato, vuoi che non ci sia qualcuno che alza un po' più la voce? Invece non è così “normale”: nel piano di sotto, un piccolo gruppetto di addetti alla sicurezza stanno parlando con un altro gruppetto di ragazze.

Assistendo alla scena (complici anche le persone vicine a me che iniziavano ad affacciarsi per capire che stava accadendo) capisco che le ragazze sono rom.
Mi auguro che sia una cosa breve, la classica sfuriata da due minuti.
Ma invece no, si continua.
La situazione diventa poi preoccupante quando al gruppetto, inizialmente quattro o cinque (più o meno in misura delle guardie, vorrei sottolinearlo) se ne aggiungono altre, attirate probabilmente dalla lite a voce molto alta. Un "richiamo" che non si può ignorare.

Nel giro di neanche un minuto, diventano una ventina, e continuano ad arrivare. Da questo momento, caos totale, perchè sopraggiungono carabinieri e polizia, e poi gli “uomini” della fazione rom, che sembrano non metterci molto a voler buttare la cosa in rissa.
“Cosa” che tra l'altro non si è ancora capita.
Un ragazzino è seduto su una vettura dei carabinieri con il viso sofferente, non si capisce se è li perchè voglio arrestarlo o perchè non si sente bene. Qualcuno lo prende in braccio e lo porta via, un altro urla di rabbia e si scaglia contro una guardia (quasi come lo ritenesse responsabile di un qualche malore di questo ragazzino).
Dopo un po' questi corrono fuori tutti, e dietro la polizia che evidentemente non ha mangiato la foglia ed ha capito il "diversivo".

Insomma nessuno ci ha capito niente, facciamo solo ipotesi su cosa possa essere accaduto.
L'unica cosa sicura è che siamo tutti un po' scossi.

Alle mie spalle una signora farfuglia: “Eh, certo, con tutti questi immigrati...”

Benchè sia consapevole dell'emergenza umanitaria che stiamo attraversando ultimamente, a queste parole mi è venuto spontaneo pensare: “Ma che cosa c'entrano gli immigrati?”

Le persone che hanno creato tensioni sono le stesse che si appostano alle biglietterie automatiche e pretendono di aiutarti in cambio di qualche moneta. Occupano zone talmente ben assegnate che se uno si sposta e invade uno spazio non suo scatta la lite pesante.
Fanno parte quindi di un tipo di sistema ben radicato che è da anni presente a Roma.

Ma che relazione c'è con gli immigrati che in questi mesi arrivano nelle nostre coste?
O ancora meglio, perchè voler trovare un legame tra due fenomeni così tanto distanti, solo perchè fanno parte di qualcosa che semplicemente non sappiamo?

La frase della signora ha scosso in me la consapevolezza che siamo gravemente disinformati e che stiamo vivendo in un mondo di paura fomentato da persone che farebbero di tutto per aumentare i propri numeri al governo.
Questa cosiddetta "gente perbene" ci sta dividendo facendo leva sull'attuale carenza di lavoro, su una crisi che per gli economisti è ormai alle spalle, ma in realtà voglio vederli a cercare un'occupazione.

Si cerca e si trova un carpo espiatorio, il diverso.
Si risveglia il nostro razzismo sopito, che ci fa retrocedere di centinaio di anni e si ignora quello che potrebbe accedere se i toni non cambiano.
Non abbiamo mai sentito di un gay gonfiato di botte per strada? Perchè non dovremmo sentire anche di un ragazzo di colore (magari pure italiano d'origine) accoltellato da qualche disperato?

Non ci rendiamo conto che è molto facile discriminare una persona o un'intera razza, e ci dimentichiamo che abbiamo bisogno di una tragedia per fermarci a pensare e ripeterci, con un po' di demagogia, che “non si dovrà più ripetere”.
Il modo per non far ripetere determinate tragedie è capire, conoscere, studiare. Bisogna capire chi abbiamo di fronte e le necessità di chi è in difficoltà.
Se dovessimo noi stessi, a seguito di una guerra, trovarci ad essere perseguitati? E dovessimo trovarci nella condizione di lasciare il nostro Paese solo con i vestiti che abbiamo addosso, affrontando un viaggio in condizioni terribili, senza soldi, cibo, acqua?
Ah, certo, il problema forse non si pone... probabilmente moriremmo prima di arrivare da qualunque parte. Come peraltro a molti è successo.
Perdonate l'eccesso di retorica, mi rendo conto che quest'ultima parte è un po' troppo populista.

Ma vorrei ritornare al problema iniziale, mettere nello stesso calderone individui che commettono microcriminalità con gli immigrati: mi sembra un errore clamoroso, una dimostrazione di superficialità imbarazzante, detta con lo stesso tono e noncuranza di "mi sa che domani piove".

Pensate se uno svedese dicesse "tanto gli italiani son tutti mafiosi".
Ci fa incazzare quando lo dicono? Sentiamo il desiderio di correggere questa etichetta e specificare che non è così?
Allora iniziamo noi per primi, e sforziamoci di conoscere meglio determinate situazioni, invece di ascoltare certe stronzate dette da certa televisione.

2 commenti:

  1. Non potrei essere più d'accordo, sia sulla questione Rom che sulla questione immigrazione. Ma soprattutto sul concetto generale di razzismo.
    Una cosa però non dovremmo sottovalutare: siamo tutti un po' razzisti, chi più chi meno, con una categoria o con un'etnia (io ad esempio lo sono con i leghisti) ma ammetterlo sarebbe un grande passo avanti per tutti.
    Il razzismo altro non è che la manifestazione della nostra paura del diverso,o di ciò che non conosciamo, come anche tu suggerisci.
    Quindi ammettere che in qualche misura siamo tutti un po' razzisti, equivale ad ammettere di avere paura di qualcosa, ma magari anche di volerci vedere chiaro.
    Ed è per questo che ci vuole coraggio ad ammetterlo. Perché vuol dire che siamo pronti a rimetterci in gioco...e qualcuno lo è, di questi tempi?

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  2. Mi rendo conto che parlare dell'argomento RAZZISMO implica dover aprire milioni di parentesi e molteplici asterischi.
    Pur ammettendo che tutti abbiamo una forma di razzismo (o ancora meglio discriminazione dettata da pregiudizio), questa cosa NON implica necessariamente ragionare con l'accetta anche quando ci sono in ballo degli esseri umani.

    Ammetto quasi con vergogna di essere tra quelli che se incrocia un gruppo di persone non italiane non si sente a proprio agio, grazie proprio a quella paura del diverso che stanno impiantando nella nostra società. E questo sentimento è pericoloso, oltre che sbagliato, perchè ti fa presupporre inconsciamente che mentre lo "straniero" o il "forestiero" potrebbe essere un ladro, non lo è un tuo connazionale. E sappiamo bene che non c'è nulla di più inesatto.

    Il problema, secondo me, non è tanto ammettere o no di essere razzisti, ma riconoscere di essere ignoranti. Ovviamente, in tutte le situazioni, sia dalle cose più piccole a quelle più grandi.

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