Pensiero Traverso

Una partita di calcio, una di quelle che vi interessano.
Magari non siete tifosi, ma quella partita dell'Italia ai mondiali vi gusta guardarvela.
Dieci, ma anche venti minuti dalla fine, risultato fermo sul pareggio. L'arbitro fischia un fallaccio qualche metro fuori dell'area di rigore, distanza perfetta per una punizione davvero “punitiva”.

Qualche lunghissimo attimo per sistemare la barriera, tanto che la regia coglie l'occasione di effettuare una ripresa alla "Sergio Leone" del viso sudato del giocatore che si appresta a battere: sguardo penetrante, carico di concentrazione, con quegli occhi sembra voler dire:
“Mo vojo vedé se c'arriva.” (magari è originario di Roma, vallo a sapere).

Parte il tiro: una sciabolata potente alta tanto da superare la fila di omini che saltano inutilmente, ma bassa a sufficienza per dirigersi paurosamente verso il bersaglio retato.
Il portiere salta un attimo in ritardo e non ci arriva e la palla

BOOOOOOOOM! TRAVERSA!

“Che cazzo di sfiga!” grida la panchina del giocatore.
“Ammazza che culo!” grida la panchina del portiere. Si, anche loro conoscono l'italiano.

Poi la partita va avanti e finirà in qualche modo, ma non è importante.
Tutti noi abbiamo visto la faccia di quel giocatore che ha stampato la sfera sulla traversa che ancora vibra e se potesse direbbe “ohiohiohi....”. Quell'espressione di delusione e di amara consapevolezza: sei stato così bravo a guidare quella palla fino alla porta, neanche fosse telecomandata, ma per un'impercettibile errore è finita non NELLA porta ma SULLA porta.

Immaginatevi a raccontarlo:

“Hai fatto goal?”
“No.”
“Allora è uscita fuori?”
“Nemmeno...”
“Ma allora....”
“TRAVERSA”
Poco da aggiungere direi.

Se dovessimo fare un calcolo matematico, che percentuale di superficie coprirebbe l'area coperta dalla traversa della porta? O dai pali, il concetto è quello.
Colpire il palo o la traversa nel calcio fa più o meno lo stesso effetto del 6 – o del 5 ½ a scuola. Solo che mentre a scuola c'è una colpevole maestra che traumatizzerà l'alunno a vita, nello sport questa cosa ha come unico responsabile il Grande Architetto.
O per i più terra-terra, la Sfiga.

Diciamo la verità: non pensate anche voi che ci voglia quasi più bravura a centrare un bersaglio di una decina di centimetri che uno di 5 metri? Eppure la traversa (o il palo) non ha valore, è quella “terra di nessuno” che a volte ti protegge, ma a volte ti fa un dispetto, perchè potrebbe restituire al campo la palla in una zona imprevedibile, e trasformare una dubbia occasione mancata in un goal certo.

E' quasi una metafora della vita di tutti i giorni, un po' come sei in coda alla cassa di un supermercato e questa chiude proprio quando è il tuo turno. Come quando al bar è rimasto l'ultimo cornetto integrale al miele che ti piace tanto, e te lo frega il cliente subito prima di te.

E' come quando lavori tanto dando tutto te stesso, e non vieni pagato.
Come dite? E' un esempio un po' forzato? Sticazzi, mi ci rode il culo uguale!

Per me non sarebbe affatto fuori luogo in alcune circostanze dire “ho preso una traversa”, da non confondere con “preso una tranvata”, quella è un'altra cosa.
Voglio credere che ci siano situazioni in cui abbiamo fatto tutto il possibile, ci siamo impegnati al massimo delle nostre capacità, ma che per alcuni nostri limiti (non tiriamo troppe volte in ballo la jella) non siamo riusciti a buttare la palla nel sacco.

Però ci siamo andati vicini, e che questo non-risultato ha un valore e può essere lo spunto di riflessione e la consapevolezza che c'è qualcosa da migliorare, ma che si tratta di uno sforzo tutto sommato piccolo.

In fin dei conti, che cosa dovrebbe dire quello che la butta sempre in fallo laterale?



Offline

Te ne stai di fronte al pc, il volto privo di qualunque espressione.
Quasi senza interesse passi tra Facebook, Twitter, Google Plus leggendo i vari stati e guardando le foto dei tuoi “amici” e difficilmente pensi qualcosa di diverso da “ma a me che ciuffolo me ne frega...”.
Eppure internet ti cattura, non riesci a smettere di starci. “Una tira l'altra” si dice a proposito delle ciliegie (ad esempio) ma mentre i piccoli frutti sono deliziosi ed assai ambiti (con quello che costano), il panorama internettiano è più simile a una serie di bocconi insapori, quasi sgradevoli. Ma senza capirne il motivo, non riesci a smettere di portarli alla bocca, quasi fosse il gesto la cosa importante, e non il contenuto.

Poi, d'un tratto, mentre stai vedendo un video su Youtube che ti insegna come ricaricare un cellulare con una cipolla lasciata a macerare nel Gatorade, noti che il video non si carica.
Aspetti un po', non vuoi essere troppo frettoloso. Ma ti bastano pochi secondi per stancarti e premere la combinazione “CTRL + R” per fare un refresh della pagina.
E ti appare la scritta che ti gela il sangue: “La connessione ad internet non è disponibile”.

Ruoti rapidamente la testa verso il router, individuando le lucine che dovrebbero essere tutte verdi e lampeggianti. Temi infatti di trovarne una rossa fissa, che è “il male” per il tuo cazzeggio quotidiano. Invece il Destino ti ha riservato un trattamento ben peggiore.
Le luci di connessione SONO SPENTE.
Panico.
Provi a riavviare il dispositivo, ma una volta acceso quelle lucine rimangono ancora spente. La pagina di gestione del router sentenzia in modo inequivocabile “nessuna connessione”.

“Un guasto” pensi dentro di te “mannaggia alla maiala, un fottuto guasto!”
Rassegnato, alzi la cornetta del telefono per contattare l'assistenza, e capisci che la sfiga ha voluto completare l'opera: il ricevitore è completamente muto.

Vai alla ricerca del telefonino per comporre il numero del servizio clienti, mentre inizi ad avvertire i primi sintomi di astinenza (accelerati dalla scoperta di un problema più grave): sudore freddo associato a tremore, leggero capogiro e abbassamento di pressione.

Ed ancora non hai realizzato che nelle prossime ore potrebbe uscire il trailer del Kolossal “Heidi contro Mazinga contro Batman” che non vedi l'ora di vedere, pur sapendo che dopo aver orgasmato abbondantemente sulla tastiera, andrai dai tuoi amici a dire con aria di sufficienza “ma è nammerda, si sa che è la solita boiata per far soldi, povera di contenuti e di originalità”.

Digiti il numero a tre cifre dell'assistenza, e dall'altro capo ti risponde la voce registrata che ti guida nella scelta numerica per arrivare a parlare con l'operatore.
Dopo aver digitato solamente la metà dei numeri civici della tua città, assieme al tuo codice fiscale, riesci infine ad udire una voce “umana”, con l'inconveniente che si sente pianissimo, a scatti e piena di rumori di sottofondo. A stento riesci a capire la ragazza che dice:
“Salve so... ..ana... ome.... servizio clienti... li morta... ua ...aiuto” ma riesci tuttavia a sentire perfettamente il collega che suggerisce una variante degli spaghetti alla carbonara fatta coi wurstel.
“Salve signorina, la chiamo perchè non ho linea, non riesco ne a chiamare ne a navigare in internet.”
E lei: “Non chiama ne riceve?”
“No.”
“Non naviga in internet?”
“No, gliel'ho detto.”
“Ha provato a spegnere il router?”
“Si.”
“Lo ha in seguito riacceso?”
“Ma che... certo che si!”
“Va bene signore, lasci che faccio una prova io. Rimanga in linea.”

E ti mette in attesa, infilandoti a tutto volume quella canzone che se non stai già odiando, di certo lo farai, perché ti aspetta un ora e mezzo di ritornello, tra l'altro appiccicato pure male nel creare il loop.
“Eccomi signore, la ringrazio per l'attesa.”
“Era ora, cazzo!”
“Come scusi?”
“Ehm... volevo dire grazie mille!”
“Uhm... ok... comunque devo informarla che la linea funziona perfettamente, non sono riscontrati guasti, il segnale è forte e chiaro e arriva a casa sua.”
“Ma allora?”
“Allora devo aprirle una segnalazione. E vedrà che entro breve arriverà un tec... i... ...ulo.”
Chiudi il telefono e se da una parte il tuo sciocco lato ottimista spera che entro un paio d'ore arriverà l'omino del telefono, sai già che probabilmente potrebbe volerci più tempo del previsto.

Ma i tuoi sintomi da astinenza si fanno più prepotenti, ed inizi la fase del “delirio da intenzione”. Cominci a dire frasi tipo:
“Proprio oggi che volevo giocare online...” e non accendevi la console da due settimane.
“Proprio oggi che volevo rivedere il mio profilo su deviantART...” che non effettui il login da quattro mesi.
“Proprio oggi che.... ho voglia di restare a casa!” e potresti almeno oggi alzare il culo dalla poltrona e uscire a prendere un po' d'aria!

I tuoi amici non ti aiutano, iniettandoti la “sindrome dell'ultimo giorno del Mondo”.
“Mamma mia, solo per oggi, su dacciituoisoldionline.com c'è l'intera saga di Guerre Stellari a 4 euro!”
“Solo oggi regalano il gioco Pippo e Pluto Forever!”
“E' uscito in anteprima il trailer del nuovo film di Arnold Stallone! Vedilo prima che lo tolgano!”
Raggiungi la fase acuta quando ti sdrai sul letto ripetendoti il mantra “internet non esiste” all'infinito.

Ma evidentemente lassù qualcuno non ti ha completamente dimenticato, e senti suonare la porta. E' il tuo amico Ginopino Taldeitali, che dopo averti guardato perplesso ti fa:
“Ma che faccia che hai, ma che ti è successo?”
“Non puoi capire...” mentre inghiotti quattro confetti di liquirizia come se fossero le tue ultime medicine.
“Beh, mi spiace che non stai bene... sono passato perché pensavo di chiederti se ti andava di fare una passeggiata.”
“Dove?”
“C'è una collina qua vicino, c'è un parco e la possibilità di fare una piccola escursione. Si mangia una cosa al volo per pranzo e poi si torna a casa. Così per qualche ora si fa qualcosa di diverso, senza arrivare chissà dove. Ma se non te la senti....”
“No no, certo che me la sento. Qua mi sto annoiando a bestia.”

E fu così che hai fatto una passeggiata, ti sei distratto per un po' e ti sei pure divertito. Hai capito che l'unico motivo per cui guardavi cose noiose era per trovarne qualcuna di interessante, ma che non sempre l'attesa viene premiata.
Nel frattempo è anche arrivato il tecnico che in tempi umani ti ha sistemato il guasto, e puoi finalmente tornare a navigare.
Per poi scoprire che, alla fine, non ti sei perso chissà cosa.